TECNICHE  PER L’INSERIMENTO DEI CUCCIOLI DI “CANE DA PROTEZIONE DEL BESTIAME”  NEL FUTURO AMBIENTE DI LAVORO E SUCCESSIVA GESTIONE” 

nel presente caso si fa riferimento principalmente al “Cane da Pastore Abruzzese da lavoro”

 

Le basi:

Il primo elemento, di fondamentale importanza è il luogo di nascita dei cuccioli. È auspicabile che la cagna partorisca in prossimità o meglio tra gli ovini o le altre specie d’allevamento da sottoporre alla loro custodia. Questo è importante affinché i neonati cuccioli percepiscano a livello olfattivo gli ovini, prima ancora di aprire gli occhi. Ci troviamo nella prima fase dell’imprinting. L’imprinting avviene in diversi periodo dell’età evolutiva di ogni essere, dove alcune particolari si fissano indelebilmente nella memoria. Il cucciolo deve percepire la specie da proteggere come dei conspecifici, sentirsi sicuro ed a suo agio tra loro. Parliamo della famosa condizione ricreata da Konrad Lorenz, quando fece in modo che dei pulcini appena nati videro per prima cosa degli stivali gialli (indossati dallo stesso Lorenz), che da quel momento, erano divenuti la loro madre. Allo stesso modo è importante che i cuccioli nello stesso periodo percepiscano l’odore dell’uomo, in modo da non considerarlo un qualcosa di estraneo da trattare con diffidenza. È opportuno che i cuccioli vengano presi in mano perlomeno tre o quattro volte in momenti diversi, ma allo stesso tempo non troppo di frequente, per evitare di creare un legame troppo stretto. Anche nel futuro i rapporti tra uomo e cane devono limitarsi alle esigenze primarie, come nutrimento e cure.

 

 

 

Elementi importanti:

In caso non fosse stato possibile partire da tali presupposti favorevoli, non significa però che tutto sia stato pregiudicato. Nella stragrande maggioranza dei cani di questa razza, il legame con il bestiame loro affidato si è fissato geneticamente. Per cui, l’operazione su descritta, serve maggiormente a rafforzare tale predisposizione, affinché le garanzie così ottenute continuino ad essere trasmettere alle successive generazioni. Può dunque essere sufficiente che i cuccioli di estrazione rustica (inteso come provenienti dal mondo del lavoro di guardiano, a distanza di non oltre due generazioni), vengano inseriti nel futuro ambiente il prima possibile, ovvero appena svezzati. Questo in modo da favorire un veloce e migliore adattamento al nuovo habitat, affinché il cucciolo leghi la presenza di quel bestiame alla presa di consapevolezza del proprio territorio.

 

Collocazione dei cuccioli:

In aziende con cani da guardiania adulti, ben inseriti e lavoranti, i cuccioli andrebbero sempre collocati in coppia di fratelli dello stesso sesso.  Tale accortezza serve a favorire l’inserimento, agevolando l’accettazione del nuovo luogo di permanenza, sostenendosi l’un l’altro. Anche durante la crescita e l’addestramento ad opera degli dei cani adulti, si creerà e consoliderà tra loro una complicità che ne aumenterà l’efficacia nel lavoro, divenendo soggetti complementari. Inoltre, avendo la possibilità di giocare tra loro, daranno meno fastidio agli animali giovani del bestiame o agli animali da cortile. È importante che siano dello stesso sesso per evitare che si accoppino tra di loro. Sappiamo che gli animali che vivono in branco si accoppiano tra loro in modo spontaneo. Deve essere, dunque, nostra premura utilizzare delle linee di sangue diverse e possibilmente di origini lontane tra loro. Facendo un esempio; chi ha necessità di una muta dai sei agli otto cani, può iniziare con una coppia di fratelli e una di sorelle, provenienti da cucciolate di coppie di cani non imparentate. Basterà avere un paio di cani vecchi ed esperti, che garantiscano il lavoro e l’insegnamento ai giovani, in modo da avere, nel giro di appena un anno, una bella muta “affiatata”.

Diverso è quando in una azienda non vi sono altri cani già al lavoro; lì necessiterà una maggiore attenzione da parte dell’allevatore nell’osservare il o i cuccioli e correggere eventuali comportamenti non idonei. In questo caso potrebbe essere più opportuno inserire un singolo cucciolo che tenderà ad inserirsi nel gruppo degli animali da proteggere, mentre una coppia potrebbe fare squadra a parte. Anche per le bestie che non sono avvezze alla presenza dei cani, un singolo cucciolo è meno invasivo e costituisci una minore preoccupazione. Bisogna qui tenere conto che sia per la normativa vigente in materia polizia veterinaria, che per la salute degli stessi animali, i cuccioli al momento dell’inserimento avranno mediamente due mesi e mezzo. Per cui si parla di cani tra i 6 e  10 kg di peso, con una notevole vivacità ed intraprendenza che soprattutto per ovi-caprini non avvezzi alla presenza di cani può costituire un ostacolo ai fini dell’accettazione.

 

 

 

Inserimento nel gregge/mandria:

Cosa si deve osservare nell’inserimento dei cuccioli?  Quando si tratta di greggi di pecore o altri animali da reddito di piccola taglia, che non sono abituati alla presenza di cani, il o i cuccioli vanno posti all’interno dell’ovile o dello stazzo, agli inizi, opportunamente separati ma con strutture che consentono la comunicazione visiva ed olfattiva. Basta in fatti una rete o delle piattine di legno disposte in modo verticale, per creare un’area riservata. Questa accortezza è necessaria in quanto gli ovini avranno bisogno del tempo per abituarsi ed accettare gli intrusi. È ovvio che questa barriera dovrà essere rimossa nel più breve tempo possibile per non creare nelle due specie la convinzione di appartenere a due ambiti territoriali diversi. Bisogna invece agevolare l’inserimento dei cuccioli nel gruppo di ovini affinché condividano il prima possibile territorio e ritmi circadiani (luogo di riposi – cibo e acqua – uscita ed entrata dal ricovero). Non bisogna fare l’errore di mettere il o i cuccioli insieme agli agnelli o le “alleve”, separate dalle pecore adulte. Questo, in quanto l’istinto del gioco potrebbe innescare un circolo vizioso. Il cucciolo che rincorre per gioco l’agnello, che a sua volta non risponde con gli stessi sistemi comunicativi, può portare a danni irreparabili. Inoltre, il o i cuccioli, crescendo in fretta potrebbero tentare di sottomettere gerarchicamente gli agnelli arrivando in extremis anche alla soppressione. Inserendoli invece tra gli ovini adulti, che non inviteranno i cuccioli al gioco (già questo sarà per loro indice di una superiorità gerarchica), quando infastiditi dal comportamento giocoso dei cuccioli, non avranno difficoltà a rifilare ai “birichini” una sonora inzuccata. Questo non solo li metterà al loro posto, ma insegnerà loro di portare rispetto agli ungulati. Questa forma di comunicazione innesca a sua volta un altro meccanismo importante che è quello di cercare da parte dei cuccioli di entrare nelle grazie dei loro lanosi compagni che, al momento di sentirsi accettati, darà loro anche il senso di protezione. È questo un elemento molto importante che indurrà i futuri guardiani a cercare la vicinanza delle pecore. Quando i cani saranno più grandi, muovendosi liberamente tra gli ovini, saranno loro stessi a collaborare nella difesa del comune territorio, prima, e degli stessi ovini successivamente. Per cui si ribadisce l’importanza che i cuccioli si abituino ad assimilare i medesimi ritmi quotidiani degli ovini, uscendo e rientrando nell’ovile, o nello stazzo, contemporaneamente ad essi.

Altro elemento importante è l’accortezza di non costringere però i cuccioli a condividere spazi chiusi per periodi prolungati con gli animali da custodire in quanto una tale restrizione territoriale, in un ambiente affollato può creare situazioni di stress che sfociano in morsicature di code o orecchi. Infatti parliamo di parti esposte e mobili del corpo del bestiame che riproducono un po’ il gioco con stracci o corde che si usano con i cuccioli che hanno necessità di sfogare la loro carica vitale.

Per essere un po’ schematici, in linea di massima, all’atto dell’inserimento in azienda, la separazioni dagli ovini e/o simili, con barriere che consentono la comunicazione non dovrebbe andare oltre i tre giorni, mentre la convivenza forzata in un ambiente chiuso ( come stalle o stazzi) non oltre i sette- dieci giorni.

 

Come incentivare il cucciolo a seguire gli animali da proteggere:

Spesso i cuccioli lo fanno istintivamente, ma quando stentano a farlo perché sono rimasti in azienda per troppo tempo a causa magari del periodo invernale, si portano sul luogo di pascolo che possibilmente dovrebbe essere ad una distanza tale da non consentire loro di scorgere la stalla. Stando lontani dal loro giaciglio sicuro preferiranno non allontanarsi dal gregge/mandria, che vedranno come unico elemento di protezione. Proprio per questo vanno portati già da piccoli e non quando saranno già troppo autonomi. Per portali sul luogo del pascolo, sarebbe opportuno utilizzare dei guinzagli e portarli a piedi. Se molto lontano si possono caricare su un veicolo, ma mai vanno portati in braccio. Un ulteriore incentivo per fare andare in cani fuori con il bestiame è di farli mangiare quando sono sul campo, meglio spargendo le crocchette in giro anziché in ciotola. Il secondo pasto verrà servito in ciotola solo quando tutte le bestie sono rientrate. È opportuno anche legare di tanto in tanto i cuccioli in modo che si abituino,  per una più facile gestione aziendale, in caso di spostamenti e trasporti.

 

 

Rapporto uomo - cucciolo:

Quale deve essere l’atteggiamento da parte dell’uomo nei confronti dei cuccioli. Abbiamo già accennato al fatto che i rapporti devono limitarsi alle cose essenziali. I momenti di contatto e di comunicazione si riducono così al momento del nutrimento, delle eventuali cure e in caso di necessità per redarguirli. I cuccioli tenderanno, in alcuni casi, a fare “le feste” alla persona che maggiormente li frequenta, li nutre e quant’altro.  Questo atteggiamento va disincentivato, come va assolutamente evitato l’invito al gioco. Quando avvengono manifestazioni di gioco o di affetto è opportuno allontanare i cuccioli con decisione, esclamando con tono perentorio un comando, che tra i pastori solitamente è “vai alle pecore”.  Allo stesso modo eventuali atteggiamenti punitivi nei loro confronti non vanno mai posti in essere quando si trovano tra gli ovini o altro bestiame da proteggere. Tutto questo farà in modo che il posto tra il gruppo di animali da proteggere sarà considerato quello più gradito in quanto percepito come il più sicuro. Il gregge/la mandria deve divenire il posto più piacevole ed ambito per i futuri guardiani.

L’Associazione Cani da Gregge prima e il Centro di Ricerca successivamente, hanno nei decenni scorsi selezionato esclusivamente cani non aggressivi verso le persone. Si utilizzano soggetti poco confidenti, diffidenti o schivi, ma mai aggressivi. Purtroppo, a causa della necessaria profilassi antiparassitaria e vaccinale, come anche attraverso il maneggio per l’inserimento del microchip, i cuccioli divengono sempre più confidenti con l’uomo, cercando la sua vicinanza. Per questa ragione è importante mantenere le giuste distanze al fine di evitare che i cuccioli preferiscano la compagnia delle persone a quella delle bestie. Una volta che i cani saranno più grandi (8 mesi – 1 anno) e che non lasceranno più gli animali da custodire, si potrà anche essere più affettuosi con i propri collaboratori

 

L’educazione:

Nel paragrafo sull’inserimento dei cuccioli si è detto che collocare i cuccioli in coppia favorisce tra l’altro il gioco tra loro, limitando la possibilità che il cucciolo sfoghi il bisogno di giocare con gli agnelli, capretti vitelli, puledri. Dal momento che il gioco è il preludio all’atteggiamento predatorio, è facile comprendere che è del tutto inopportuno che i cani giochino con il bestiame da proteggere. Non è molto frequente che questo avviene, ma soprattutto non è auspicabile. Può però accadere che si manifestino accenni a tali comportamenti, che vanno repressi in modo perentorio e coerente. È qui opportuno ribadire che risulta più efficace un colpetto meno forte sul muso che non un colpo più forte, inferto su qualsiasi altra parte del corpo. Il cane vive un disagio molto maggiore nella prima ipotesi che non nella seconda, fissando tale esperienza negativa nella memoria. La fase educativa coincide con il secondo periodo dell’imprinting, che in linea di massima ricade nel periodo di maggiore capacità di apprendimento del cane, ovvero all’incirca tra il terzo e l’ottavo mese di vita.

 

L’addestramento:

L’addestramento avviene ad opera esclusiva degli altri cani adulti. Infatti è improprio parlare di addestramento, in quanto imparano dagli adulti e diventano funzionali ed utili solo attraverso un giusto inserimento nel branco. È, pertanto, importante avere qualche soggetto più anziano ed esperto nel suo lavoro a guida dei nuovi arrivi. In mancanza di tale opportunità non bisogna però disperare. È in ogni caso meglio iniziare da zero che non mantenere cani non idonei al lavoro che andrebbe solamente a dare dei cattivi insegnamenti, controproducenti per la buona riuscita della futura muta. Quali sono allora le probabilità che un gruppo di cuccioli divenga un buon branco anche senza la guida di un cane da guardia al bestiame, anziano ed esperto?  Le probabilità di riuscita sono comunque alte, e spiego il perché. Intanto, crescendo in branco e conquistandosi ognuno il proprio ruolo all’interno dello stesso, si crea un gruppo “affiatato” che per istinto tenderà a difendere il territorio e la propria famiglia (appunto il bestiame). Il pastore non deve che avere un comportamento più naturale possibile e saranno i cani che si comporteranno di conseguenza, iniziando a percepire ed interpretare ogni singola emozione umana. È proprio l’istintualità di questi cani che li rende così speciali e così vicini al loro antagonista per antonomasia, il lupo. Come lui hanno una forte componente istintuale-intuitiva ed allo stesso modo, come i lupi seguono una strategia d’attacco, i cani da gregge creano una strategia di difesa. Questo li rende così affidabili ed insostituibili.

 

Gestione dell’accoppiamento:

Di fatto, l’accoppiamento in un branco non andrebbe gestito dall’uomo per una serie di motivi. È sempre conveniente che sia il capobranco ad aggiudicarsi il diritto di monta. Ma a prescindere da eventuali esigenze di selezione, volte al miglioramento o consolidamento delle caratteristiche morfologiche, ci sono comunque alcune cose da osservare. Quando ci troviamo di fronte ad un nucleo di cani dove i maschi più adulti sono fratelli della stessa cucciolata è bene che sia il maschio dominante ad aggiudicarsi la monta al fine di trasmette alla progenie, oltre alle caratteristiche morfologiche, anche il carattere dominante. Lo stesso vale se i maschi più adulti sono di linee di sangue diverse ma di uguale valenza morfologica e caratteriale. Diviene però qui importante togliere la cagna dal branco, dopo due, massimo quattro monte. Questonecessità perché nei cani da gregge, il maschio dominante, a volte, dopo i primi “sfoghi”, mostra un ridotto interesse per la femmina. Divenendo meno attento ed assiduo, potrebbe consentire che altri maschi la montino. A quel punto non avremo più la certezza sulla paternità dei cuccioli; quali di essi siano di quale maschio e dunque si perderebbe la possibilità di valutazione riguardo le capacità trasmissive genetiche dei rispettivi maschi del branco. Inoltre ci potrebbe essere il rischio che la cagna venga persino coperta da qualche cane sconosciuto, sopravvenuto da qualche altro gregge oppure di origine randagia. Bisognerà invece gestire appieno gli accoppiamenti, isolando proprio le coppie prescelte nei casi che: 1)  i cani più anziani servano solamente per l’insegnamento ai giovani, ma mancano delle necessarie caratteristiche morfologiche per garantire il mantenimento della corrispondenza allo standard di razza in senso funzionale; 2) si ha necessità di importare nuove linee di sangue per rafforzare la salubrità della propria muta, che rischia un eccesso di consanguineità con le rispettive conseguenze (aumento di patologie ed involuzione delle caratteristiche morfologiche).

 

 

 

Sterilizzazione si o no:

La controversia più frequente è la seguente. Sterilizzazione si, sterilizzazione no? Ci sono ancora oggi sedicenti esperti che sostengono che la sterilizzazione non comporti alcun cambiamento nel comportamento dei cani. Non potendolo però asserire attraverso esempi concreti si limitano a dire che non vi sono evidenze scientifiche che ciò accada. Cosa significa che non ci sono evidenze scientifiche? Semmai che nessuno ha voluto cimentarsi in una precipua ricerca scientifica. Ma se andiamo a leggere cosa sostengono la stragrande maggioranza delle riviste medico-veterinarie, parlando dei cani domestici, vedremo che consigliano di castrare i maschi anziché optare per una vasectomia. Questo perché con la castrazione i maschi non marcano più il territorio, non vanno più alla ricerca di femmine in calore, divenendo più docili e meno aggressivi. Allora come è possibile sostenere che la castrazione non incida sul comportamento e quindi sull’efficacia di difesa nei cani da guardiania, quando tutta l’organizzazione del branco si basa sull’aggressività intraspecifica? Lo stesso vale per le femmine che producono gli estrogeni quando vanno in calore aumentando l’aggressività tra loro (consolidamento del rango della femmina alpha); così come la prolattina stimola l’aggressività di difesa dei cuccioli e del nido, e dunque del territorio in senso più ampio. Molte ricerche indicano che l’influenza ormonale non sia predominante nel comportamento più o meno aggressivo da parte dei cani, ma che spesso i comportamenti acquisiti e l’ambiente di vita incidono in modo maggiore rispetto ad essi. E proprio in ciò che credo troviamo la riposta al dilemma. Dal momento che qui parliamo di cani atavici che vivono pressoché allo stesso modo dei loro alter ego selvatici, non si possono applicare i risultati di ricerca su cani domestici in senso stretto. Generazioni e generazioni di cani che hanno perso il naturale istinto del canide selvatico, che hanno assimilato comportamenti impropri e spesso deviati, non possono essere presi ad esempio in questo caso. Nei casi dei cani posti sotto esame, parliamo di cani che si relazionano principalmente con esseri di specie diversa come umani, gatti o altre specie con cui condividono gli spazi di vita. Vediamo la perdita dell’istinto di monta ed altre devianze come femmine che mimano il gesto di monta salendo in groppa a cani maschi. In natura, invece, se si eliminano gli stimoli ormonali vengono meno, strada facendo, anche i comportamenti conseguenti. Ho ampiamente spiegato come nell’attivazione dell’aggressività, e dunque anche quella finalizzata all’accoppiamenti, intervengono diverse aree cerebrali attivate attraverso ormoni e altri neurotrasmettitori che a vario titolo attivano, incrementano o inibiscono tali comportamenti. Per cui alcuni comportamenti possono anche sopravvivere per qualche tempo perché acquisiti ontogeneticamente, ma dopo di ciò, fine della festa. Per fare un esempio. In natura i rumori forti sono un segnale di pericolo, per cui una esplosione stimola la reazione biochimica che attiva i centri neuronali della paura scatenando i neurotrasmettitori attivanti tale sensazione. I cani da caccia per generazioni e generazioni selezionati a tale scopo perdono il senso di paura verso gli spari e dunque l’esplosione dei colpi non costituisce più uno stimolo attivante tale sensazione di disagio.  Anzi diventa uno stimolo eccitante che attiva i centri dell’aggressività predatoria. In molte razze iper-selezionate si è persino perso l’istinto dell’accoppiamento e la procreazione avviene quasi esclusivamente attraverso l’inseminazione artificiale. Il rilascio dei feromoni sessuali della cagna in calore non stimolano più l’eccitazione del maschio. È evidente che se si perde la memoria degli stimoli si perde anche la conseguente reazione biochimica che innesca la risposta.

Ultimo nodo, la vasectomia. Chi proprio non riesce a convincersi che la sterilizzazione è l’ultima spiaggia in questo ambito, sostiene che una vasectomia nei maschi non produce cambiamenti caratteriali. Ora, in linea di massima sembrerebbe di sì, ma anche qui le ricerche hanno evidenziato come in alcuni cani l’aggressività sia addirittura aumentata, a volte al punto da divenire quasi ingestibile. Inoltre, pare statisticamente accertato che tale intervento in diversi casi, con l’avanzare dell’età dell’animale, produce un ingrossamento della prostata incidendo nell’aumento della presenza di forme tumorali.

 

            Concludendo, ognuno deve fare i conti con le proprie esigenze e valutare pro e contro di ogni scelta. Per cui dire a priori, sterilizzazione sì o sterilizzazione no è un errore di per sé. Allo stesso modo però è un errore sostenere che le sterilizzazioni non incidono sul comportamento dei cani che vivono in branco e la cui funzione principale è proteggere la loro famiglia, spesso, dovendo fare affidamento esclusivamente sulle proprie decisioni e sulle proprie forze.

 

L’imprinting in modo più specifico per la guardia in difesa dei bovini ed equini:

Sostanzialmente il principio è il medesimo di quello per gli ovi-caprini. Ovviamente vanno tenuti in considerazione una serie di variabili. Ribadendo che l’ottimale sarebbe far partorire la cagna all’interno della stalla o comunque in prossimità degli equini/bovini, bisognerà separare opportunamente la partoriente ed i cuccioli in modo che quest’ultimi non possano mescolarsi tra gli animali da reddito di grossa taglia a rischio di essere calpestati. Rischio che oltre a poter creare traumi irreparabili, potrebbe costare loro la vita.

 

Quando i cuccioli saranno autosufficienti e si sapranno muovere con disinvoltura tra il bestiame senza importunarli; sarebbe buona pressi creare per ognuno dei cuccioli un giaciglio in dei “box” da condividere con un vitello o puledro. Dormendo con loro si affezioneranno ancora in modo maggiore ai nuovi compagni di vita. Questo, anche perché è meglio che ognuno dei cuccioli si affezioni ad un compagno artiodattilo o perissodattilo, anziché fare gruppo con gli altri cani. Il tutto è finalizzato affinché sul campo i cani non stiano insieme facendo gruppo e andando a coprire solo una minima parte del territorio interessato. Infatti, il territorio di pascolo coperto dai bovidi ed equidi è molto più ampio rispetto a quello degli ovini.

 

Attività di difesa durante il pascolo:

E’ proprio la tipologia di pascolo differente da quello degli ovini che impone una diversificata forma di imprinting e condizionamento dei cuccioli. Equini e bovini non si muovono in modo raggruppato o, in base alla razza, comunque in modo molto minore rispetto agli ovi-caprini. Per cui va incentivato un rapporto più individualistico tra i cani e quest’ultimi, anziché la classica costruzione d’un branco organizzato. Anche perché l’attività di difesa dei cani in questo sarà più distribuita e meno coordinata. I guardiani si distribuiscono sul territorio impegnato dall’area di pascolo, costituendo primariamente un elemento dissuasivo e solo nel momento del percepire l’imminente pericolo, ogni singolo guardiano richiamerà l’attenzione degli altri cani, abbaiando per segnalare l’allarme, così che questi accorreranno in aiuto per scacciare il o i predatori. Del resto il rischio di danni da predazione immediati è assai minore, quando si parla di bestiame da reddito di grossa taglia.

 

Ocre, 13.02.2024

                                                                                                Dr. Fre ddy Barbarossa

 

                                                                                                           

 

 

 

 

 

Questo  libro  parla non solo del cane pastore abruzzese, ma anche di altre razze originariamente utilizzate in supporto alla pastorizia. In questo saggio faccio cenno  alle differenze e similitudini tra esse e come anche la morfologia e la biomeccanica svolgono un ruolo importante nella selezione di questi cani. Dal titolo però si evince che il filo conduttore è costituito dalla componente psicologica insita in queste razze e come essa interviene sulla funzionalità di questi cani, garantendo una pacifica convivenza tra operatori zootecnici  e predatori.  Questo saggio spiega come attraverso un sistema comunicativo tra guardiani e incursori si possono ridurre  sensibilmente i danni ed evitare che si scatenino, come in passato, guerre tra gli uomini che vivono di allevamento di bestiame da reddito e i grandi predatori, ormai sempre più presenti nei vari territori del vecchio continente.

Questo è il mio primo libro che parla della storia del cane da pastore abruzzese. Parla delle mie esperienze personali ma anche di fatti ed evidenze mai pubblicate in altri testi. Alcune cose contenute nel libro per gli appassionati cinofili evidentemente non risultano di sufficiente interesse, altre invece spesso vengono volutamente omesse perché considerate verità scomode. A me interessa dare informazioni e non riscuotere successo. Ho ritenuto necessario scrivere questo libro affinché restasse memoria di alcune evidenze che riguardano questa razza, spesso smentite ma solo a voce. E' un testo utile anche per chi vuole iniziare ad avvicinarsi a questo splendido cane, potendo così partire con le idee un po' più chiare; che di sciocchezze se ne sentono anche troppe in giro. A breve uscirà il mio secondo libro che parla dei cani da guardiania più in generale e la loro atavica predisposizione che li rende così adatti al  lavoro che svolgono.